Lo scorso 25 settembre è
ripreso il ciclo mensile di incontri, i Venerdì in Archivio, iniziati nel 2007
dopo il trasferimento dell’Archivio Storico Comunale dal Palazzo Ghibellino in
piazza Farinata degli Uberti nell’attuale sede di via Torricelli.
Nel corso degli oltre 10 anni di Venerdì in archivio i temi trattati sono stati i più vari: oltre a conferenze e tavole rotonde, ci sono state visite guidate, proiezioni di film, interviste e l’elenco allegato ne dà conto in dettaglio.
L’Associazione Amici dell’Archivio Storico, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Empoli, ha promosso la pubblicazione degli statuti di Monterappoli, volume che chiude idealmente una trilogia cominciata in anni ormai lontani con la pubblicazione degli statuti di Empoli e proseguita nel 2014 con quelli di Pontorme.
Gli statuti di Monterappoli erano stati pubblicati una prima volta nel 1919-21 a puntate su tre numeri della «Miscellanea storica della Valdelsa», a cura del canonico Angelo Latini. Tale pubblicazione, pur meritoria, presentava tuttavia molti inconvenienti: data errata 1395 invece che 1393, errori di trascrizione, ma soprattutto la mancanza di un commento e di un’adeguata introduzione, capace di restituirci il contesto storico, geografico e sociale in cui tali statuti furono concepiti. A tali difetti supplisce ampiamente la presente edizione: non solo per la competenza delle persone che hanno portato a termine il lavoro, ma sopratutto per il fatto che la trascrizione degli statuti ha fornito l’occasione per tracciare un affresco storico a tutto tondo della piccola comunità di Monterappoli nei secoli del Medioevo e della prima Età Moderna.Leggi tutto
Riprende sabato 19 gennaio il ciclo di conferenze organizzate dall’Amministrazione Comunale per documentare e approfondire la conoscenza della storia empolese nel corso dei nove secoli che ci separano dall’incastellamento del 1119.
La piazza della Collegiata di Empoli e la sua chiesa tra XVIII e XIV secolo. Questo il tema dell’intervento della prof.ssa Emanuela Ferretti, docente di Storia dell’Architettura all’Università di Firenze e con un curriculum di eccellenza negli studi di architettura. Rircordiamo che La Ferretti ha collaborato per tanti anni con l’archivio storico comunale dando un importante contributo in ricerche e pubblicazioni.
Questo è il tema del settimo numero della rivista «Quaderni d’archivio. Rivista dell’Associazione degli Amici dell’Archivio storico di Empoli», presentato recentemente presso il Museo del vetro di Empoli dal prof. Giovanni Cipriani.
Il volume è in distribuzione presso l’Archivio Storico Comunale (Via Torricelli 58A), può essere ritirato gratuitamente dai soci o da quanti sono interessati con un piccolo contributo all’Associazione.
L’immagine che è stata scelta per la copertina del volume, finora sconosciuta, è assai significativa e rappresenta la porzione sud orientale del castello di Empoli, prima che vi fosse realizzato l’ospedale*.
Si tratta del progetto di massima per la costruzione di una nuova sede per il Monte di Pietà** di Empoli, nella zona di porta Giudea (attuale piazza del Popolo). Lo stabile prescelto era un “casamento” di proprietà del capitano Pier Francesco Bonsignori, disposto su tre piani, a ridosso della cinta muraria, di cui inglobava anche uno dei “torrioni”, la trecentesca torre dei Righi.
Il progetto, risalente al 1660, non fu poi realizzato; l’autore della relazione che accompagna il disegno pubblicato è Lorenzo Neri, medico empolese e padre del più famoso Ippolito, anch’egli medico, letterato e autore del celebre poema La presa di Saminiato. Lorenzo Neri fu professore di logica e medicina nelle università di Pisa e Padova e morì nel 1677.
La parte monografica della rivista è composta da questi saggi:
Marco Frati, Castrum e palatium: i palazzi comitali a Empoli fra XII e XIV secolo
Giuseppina Carla Romby, Il Palazzo Pretorio di Empoli. Progetti, lavori, restauri, secc. XVI-XIX
Walfredo Siemoni, Appunti sul cosiddetto Palazzo Ghibellino in età moderna
Vanna Arrighi, Stefania Terreni, Il Monte Pio di Empoli e il Palazzo comunale
* L’ospedale fu costruito tra il 1746 e il 1749 con i lasciti della Pia Eredità Del Papa
** Il Monte di Pietà, poi Monte Pio fu istituito nel 1570 per iniziativa di Cosimo I e divenne operativo nel gennaio dell’anno successivo, con la finalità di concedere piccole somme in prestito a chi si trovava in difficoltà e aveva qualche oggetto di valore da dare in pegno, dopo che gli ebrei che tenevano a Empoli un proprio banco di prestito furono obbligati a trasferirsi nei ghetti di Firenze e di Siena.
Come è noto, nel territorio di Empoli tra Medioevo ed Età moderna vi era stata una generale scomparsa dei mulini dalle rive del fiume Arno ed una loro crescente dislocazione lungo le idrovie limitrofe. È tuttavia nell’area tra Sovigliana ed Empoli, la stessa che ritroviamo in una cartografia disegnata da Gherardo Mechini attorno al 1610, che agli inizi del XIX secolo si assiste alla riproposizione di alcune antiche tipologie di opifici andanti ad acqua, a causa dei problemi posti dalla navigazione fluviale e dal mantenimento degli altri tipi di mulini.
Ci riferiamo a due testimonianze di opifici natanti risalenti all’anno 1802, un tipo di impianto molitorio, che era stato molto diffuso a Firenze tra i secoli XIII e XIV[1], presentando il vantaggio di una più veloce realizzazione e di un più facile spostamento nei punti in cui la corrente del fiume era più forte[2]. Nell’area da noi considerata, tale riproposizione è da ricondurre ai profondi cambiamenti ed alle tensioni sociali del periodo compreso tra XVIII e XIX secolo, in seguito alle politiche liberiste adottate dal governo lorenese in materia di commercio dei grani. Sotto i Lorena il libero commercio delle granaglie era stato abolito il 9 ottobre 1792[3], ma uno dei periodi più tormentati della storia toscana si ebbe al tempo del Regno d’Etruria (1801-1807), quando alla pessima congiuntura economica verificatasi sin dai primi anni delle vicende napoleoniche si era unita la determinazione dei Borbone a smantellare definitivamente quel che restava della legislazione leopoldina[4]. Ed è proprio in questo contesto che si colloca la richiesta avanzata il 5 giugno 1802 da Bartolomeo Testi di Sovigliana di costruire una barca per erigervi un mulino a due palmenti, impresa diretta al pubblico bene, ma da svolgere privativamente …che per un miglio dalla terra di Empoli verso Firenze e per altro miglio verso la parte di Pisa[5]. Tra i discendenti del Testi, che aveva allora 47 anni, era proprietario di tre case appigionate e viveva in una famiglia di 12 persone[6], sarebbe stato anche quell’Alfonso, allievo di Enrico Pollastrini all’Accademia di Belle Arti di Firenze, nonché frequentatore dei Macchiaioli del Caffè Michelangelo, spesso ospiti a Vinci del Fucini, del Conte Masetti da Bagnano e dei fratelli Martelli[7].
Poco dopo la richiesta di Bartolomeo durante un’adunanza del Magistrato di Cerreto del 27 agosto 1802 un’istanza simile era stata avanzata da Gaetano Lombardi ed entrambe le domande erano state trasmesse al Senatore Soprassindaco, che accordò ai richiedenti la facoltà di fare uso privativamente del loro mulino: al Testi per il tratto compreso tra il mulin del sale e il torrente Orme e al Lombardi per quello che andava dal mulin del sale alla casa di Valente Busoni a Riottoli[8]. Molti anni prima anche tra i disegni risalenti al periodo milanese di Leonardo contenuti nel f. 693r. del Codice Atlantico si ha testimonianza di un tentativo di trasferimento ad un natante della tecnologia dei mulini galleggianti[9]. Ed è forse proprio all’area lombarda che è da ricondurre il nome del secondo dei due proprietari dei mulini attestati nel 1802.
Siamo giunti alla conclusione del giallo storico al centro del “giro con delitto” che si è svolto il 4 luglio scorso. Con la pubblicazione della terza e della quarta, e ultima, parte termina la storia dell’omicidio di Matteo Marchetti.
Ne approfittiamo per augurare a tutti voi serene vacanze, ci rivediamo a settembre!
Terzo intermezzo
Storia di un povero diavolo
Mi chiamo Jacopo di Giovanni di Marco Tacchelli, abito all’interno del castello di Empoli, appartengo al popolo della collegiata di Sant’Andrea e sono un maniscalco. Mio nonno veniva da Firenze, io sono nato qui e sono integrato all’interno di questa terra. I miei figli vorrebbero andare a Livorno, nella nuova città di cui si parla come del Nuovo Mondo, manco fossero le Americhe. Ma a me piace stare qui, perché in questa stretta strada ho la mia bottega e la mia vita. A me, il mio lavoro mi piace. Il mio martello crea tutto il giorno una musica soave che si spande nella via come il suono delle campane. Quando poi metto il ferro nell’acqua mi piace sentire lo stridio del metallo caldo che sembra dimenarsi come un demonio a contatto con l’acqua santa, fino a immobilizzarsi nella forma che gli ho impresso con la forza del mio braccio. Quando il tempo lo permette, come oggi, esco fuori dalla mia bottega buia e calda e mi godo l’aria fresca, il sole e anche la pioggia, se è quella della primavera o dell’estate. Qualcuno mi definirebbe un brav’uomo, uno che ha sempre fatto il suo dovere, che ha lottato con la vita, vincendo a volte, spesso perdendo. Un naufrago che riesce a tenersi a galla in un mare in tempesta, un peccatore che alla fine riesce a redimersi. Ho avuto alti e bassi, gioie e dolori, come tutti noi. Alla fine, tuttavia, Nostro Signore mi ha sempre aiutato e io sono riuscito a tirare avanti.
Dopo il successo di partecipazione del “Giro con delitto”, svoltosi martedì 4 luglio, pensiamo di fare cosa gradita pubblicando il testo del “giallo storico” al centro della serata, così da permettere a tutti una sua comoda lettura.
Oggi pubblichiamo la prima parte, intitolata “Storia di un pugnale”; nelle settimane che verranno troveranno posto in questa sede anche le altre tre sezioni del giallo, corrispondenti alle altrettante tappe del giro storico.
Primo intermezzo
Storia di un pugnale
Buonasera a tutti. Mi presento: sono un pugnale. Scusate se ho l’ardire di parlare e mettermi al centro dell’attenzione, quasi come se fossi un’arma famosa, a esempio una spada appartenuta a qualche grande condottiero o a un eroe dei poemi epico-cavallereschi, come la Durlindana del prode Orlando. Niente di tutto ciò, purtroppo. Io sono un pugnale qualunque, come se ne trovano molti nelle botteghe artigiane degli armaioli di mezza Europa. Mi presento meglio, affinché possiate comprendere appieno la mia ordinarietà. Ho una lama fissa quadrangolare lunga circa 20 centimetri, su cui sono state incise quattro scanalature vagamente disposte. La mia lama termina con una piccola elsa su cui il buon artigiano che mi produsse fece incidere la scritta “Johannes Muller Solingen civitati fecit, 1623”. Termino con una impugnatura a sbalzo, di ferro brunito, che finisce con un piccolo pomello. Il mio creatore, per la verità, avrebbe voluto arricchirla con un lavoro in argento ma visto che il mio primo acquirente, un lanzichenecco al servizio del generale Wallenstein, aveva speso i suoi ultimi soldi derivanti dal saccheggio in vino e donne, la lasciò così.Leggi tutto
Costruita lungo le rive dell’Arno, Empoli ha sviluppato nel corso dei secoli tutta una serie di attività legate al fiume, quali il traffico commerciale, la navigazione e le attività manifatturiere, assumendo dalle origini fino almeno alla metà dell’Ottocento i connotati di una vera e propria ‘terra fluviale’.
Ma l’uso delle acque per usi domestici ed industriali e, in particolare, il corretto smaltimento delle acque reflue, è stato, allora come, oggi terreno di scontro tra interessi diversi: da una parte la tutela della salute pubblica e la salvaguardia della competitività delle industrie e quindi dell’occupazione, dall’altra la necessità di richiedere la partecipazione dei cittadini alle spese sostenute dall’apparato governativo e di combattere l’abusivismo edilizio.Leggi tutto
Becuccio è il più famoso «bicchieraio» gambassino, reso tale da Andrea del Sarto, che lo ha ritratto per ben due volte e due volte menzionato da Vasari nelle Vite, tuttavia non appariva ancora del tutto certa la sua identificazione con Domenico di Iacopo di Maffio, «bicchieraio» gambassino emigrato a Firenze all’inizio del ‘500.
Franco Ciappi e Silvano Mori presentano i risultati della ricerca che hanno intrapreso da tempo per ricostruire la figura di Becuccio,uno dei maggiori protagonisti del fenomeno di diffusione dell’arte vetraria dalla Valdelsa a Firenze in epoca rinascimentale.
Il movimento migratorio dei bicchierai e dei fiascai valdelsani interessò anche Empoli dove fra ‘400 e ‘500 abbiamo notizie di vetrai attivi con bottega e fornace; le notizie si fanno più sporadiche nel corso del ‘600 ma permane costante la notazione sulla provenienza dei vetrai da Gambassi o da Montaione.
Un ‘diario in rete’, quello che in termini informatici – ormai familiari anche ai non addetti ai lavori – definiamo un blog, vive del costante contributo della sua comunità di lettori.
È con piacere che accogliamo e condiviamo con il nostro pubblico le ricerche del signor Boreno Borsari intorno al cardinal Laborante, importante prelato originario di Pontorme, al quale nelle scorse settimane abbiamo dedicato un post.
La ricerca bibliografica enumera una serie di brevi citazioni da testi di varia natura, nei quali è stato possibile rintracciare le scarne notizie riferibili a questo personaggio, in molti casi riutilizzate nelle diverse fonti ma in ogni caso utili a sottolineare l’importanza del Laborante e il contesto storico nel quale è vissuto. Leggi tutto
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