In Toscana le origini delle rivalità paesane appaiono oggi oscure espressioni di un folclore ormai retaggio di un passato in cui si perdono, nella notte dei tempi, aneddoti, storie e abitudini. In realtà molto spesso la ricostruzione storica basata sulle fonti offre spunti di riflessione che portano a ripercorrere fatti, vicende o episodi che stanno all’origine di tanti “campanilismi”. Gli statuti delle comunità, specialmente di quelle rurali, e in particolar modo i testi trecenteschi, ci aiutano sovente nella rievocazione di antiche rivalità, vere o presunte, fra comuni autonomi. Su questa linea della memoria si collocano anche i rapporti secolari fra Empoli e Pontorme, e molte disposizioni statutarie espressione dell’autonomia statutaria ci soccorrono nell’interpretazione di fenomeni solo apparentemente superficiali.
Tutto lo statuto di Pontorme del 1346 è permeato non a caso di una vena d’accesa rivalità con la vicina Empoli, che preferibilmente non viene neanche rammentata. La rubrica 89 del testo statutario ad esempio, ci ricorda le antiche abitudini e quindi gli antichi divieti. Evidentemente appena arrivava il carnevale, un pretesto come un altro, erano frequentissime le risse fra empolesi e pontormesi, e soprattutto le sassaiole. Dunque la rubrica in oggetto, intitolata “De pena rissantium cum empolensibus et facere maium” (Pena per coloro che provocano risse con gli empolesi e recitano “il maggio”) così recitava: “Nessuna persona del comune di Pontorme possa formare aggregazioni per il calendimaggio e chi agisca diversamente sia punito in 10 soldi per ciascuna volta; allo stesso modo nessuno possa alla vigilia delle feste o nel tempo delle litanie o in qualunque altro momento attaccare lite o fare “amaza scudo”o gettare pietre contro gli Empolesi, alla pena di 40 soldi: inoltre che il padrone sia responsabile per il dipendente, il padre per il figlio, il fratello per il fratello, il nonno e lo zio per il nipote; inoltre che nessuno nella sera di Carnevale (vigilia) oltrepassi il ponte dell’Orme per fare quanto sopra. Quanto prescritto sia inoltre bandito pubblicamente dal pubblico banditore in ogni giorno di vigilia e nel tempo delle litanie; il notaio del detto comune debba andare in perlustrazione”. Dunque, vietato festeggiare il carnevale fuori dai confini del comune di Pontorme, vietato festeggiare il maggio e vietato attaccare briga e fare rissa gettando sassi «contra empolenses vel cum empolensibus», segno evidente di frequentissime turbative dell’ordine pubblico a causa delle risse fra pontormesi ed empolesi. Non sembra un caso che la disposizione successiva prevista dallo statuto di Pontorme sia relativa alle percosse. Che tempi!
Paolo Santini ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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