Il 20 marzo 1811 nacque a Parigi il figlio di Napoleone Bonaparte e di Maria Luisa d’Austria, l’erede tanto atteso dall’Imperatore che impose al nascituro il suo stesso nome e lo titolò “Re di Roma”. La nascita di Napoleone II fu un avvenimento di grande importanza, celebrato per tutto il territorio imperiale, dalla Francia sino all’Italia.
Anche a Empoli, su ordine e comunicazione del prefetto dell’Arno, il maire Busoni non mancò di dare disposizioni per la preparazione di adeguati festeggiamenti, in cui la comunità non si fece mancare nulla: processioni con fiaccolate, funzioni religiose, fuochi d’artificio. I documenti conservati presso l’archivio comunale di Empoli ci permettono di fare luce anche su un altro aspetto delle celebrazioni, che in questo frangente ci interessa più di altro: le portate della festa. Scorrendo il menu previsto per i giorni compresi tra il 26 e il 29 aprile, per gli accorrenti e i suonatori chiamati ad allietare le serate con musica e canti, possiamo infatti farci un’idea di che cosa si mangiava a Empoli sotto Napoleone. Balza subito all’occhio che le portate previste non solo prevedevano i prodotti tipici del territorio empolese, come il carciofo (all’epoca vigeva un vero sistema di consumo a chilometri zero) ma anche che tante di esse potrebbero non sfigurare affatto sulle nostre tavole durante le prossime festività natalizie.
Per la cena del 26 aprile, oltre al “coperto” composto da pane e vino, il menu prevedeva lo stufato, il fritto di carciofi, gli “sparagi” e il formaggio con la frutta; la portata principale era però lo “sbiffe alla livornese”. Visto che in seguito si cita anche lo ”arrosto sbiffe” (perfetta traduzione toscana di roast-beef), viene il dubbio che il roastbeef alla livornese prevedesse una preparazione particolare, forse con aggiunta di pomodoro, come il baccalà. Non è sicuramente un caso, comunque, che Livorno vantasse una propria preparazione del roastbeef: come il ponce (derivato dal punch inglese), anche il roastbeef testimonia lo stretto legame che univa il porto livornese (e attraverso questo la Toscana dell’Arno) con i mercanti inglesi.
Per il pranzo del 27 aprile si mangiava invece la minestra con acciugata, una salsa tipicamente toscana usata per dare sapore e gusto alle ricette (un po’ come il garum di origine romana) e poi ancora il fritto di carciofi, gli asparagi, formaggio e baccelli. Completavano il quadro le “ova alla francese con salsa”: potrebbe trattarsi di una ricetta ancora esistente e praticata che prevedeva uova cotte in tegame e annaffiate con una salsa roux arricchita dal vino rosso e dalle spezie. La sera invece si stava più “leggeri”: i carciofi erano sempre i padroni assoluti della tavola, questa volta anche in fricassea oltre che fritti; a questi si univano gli asparagi e il formaggio con la frutta.Il 28 aprile, oltre ai soliti asparagi e al formaggio con baccelli, le portate vedevano i “maccheroni brinati” (probabilmente con formaggio), il baccalà con l’acciugata e gli “spinaci trippati”.
Le pietanze del menu dei suonatori non sembrano essere state più povere ma certamente meno elaborate rispetto alle altre. Esse consistevano in uova, asparagi, carciofi fritti, lesso e stracotto, arrosto di pollo con insalata e, per il pranzo del 29 aprile, anche nel roastbeef. Infine nel documento in esame sono descritte le colazioni: pane, vino, “presciutto”, salame, formaggi e uova formavano un menu mattutino ricco e sostanzioso, che non rispettava affatto l’improvvida italianizzazione del termine déjeuner (“colazione” in francese) in “Digiunè”.
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