Domenica 21 novembre l’Associazione Amici dell’Archivio Storico di Empoli ha organizzato una visita guidata gratuita alla mostra Seguaci di Giotto in Valdelsa, attualmente in corso al museo di arte sacra di San Piero in Mercato a Montespertoli, che ha visto la partecipazione di numerosi soci e amici.
La visita ha permesso di ammirare le splendide opere conservate nel museo, provenienti dalle chiese comprese nei pivieri di S, Piero in Mercato, Coeli Aula e San Pancrazio e la piccola tavola raffigurante la Madonna col Bambino di Lippo di Benivieni ospitata dal museo e proveniente dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze all’interno del progetto Terre degli Uffizi, portato avanti in collaborazione con la locale amministrazione comunale e il contributo della Fondazione CR Firenze.
Le opere del museo testimoniano ancora oggi dello stretto rapporto intessuto con il territorio e le comunità di origine e attraverso di esse è possibile recuperare storie di artisti e committenti molti dei quali appartenenti alle ricche famiglie dell’élite fiorentina che nei dintorni di Montespertoli avevano numerose proprietà. Tra questi i Machiavelli, intorno ai quali la dott.ssa Vanna Arrighi, archivista di stato, ha fornito interessanti informazioni che hanno arricchito la lettura delle opere legate alla loro committenza conservate nel museo. Riproponiamo brevemente a beneficio dei nostri lettori, e speriamo anche di nuovi visitatori, alcune osservazioni presentate nel corso dell’incontro.
“Molteplici e di lunga durata furono i rapporti fra la famiglia fiorentina dei Machiavelli ed il territorio di Montespertoli. Qualche autore, soprattutto biografi del grande Niccolò, sostengono che i Machiavelli fossero originari proprio di questa zona, anche se attestati a Firenze almeno dal XIII secolo. L’unico fatto certo è che nel 1393 l’ultimo esponente della casata dei cattani o capitani di Montespertoli, Ciango di Angiolo, nominò suoi eredi due fratelli della famiglia Machiavelli: Boninsegna e Filippo di Lorenzo Machiavelli, che trasmisero questa eredità pro indiviso ai propri eredi maschi, fino all’estinzione della famiglia nel secolo XVIII. Contrariamente a quanto affermato da alcuni, i Frescobaldi, patroni delle chiese di Botinaccio, non ebbero alcun ruolo nel territorio qui considerato.
L’eredità consisteva in pochi rimasugli di diritti feudali, nel possesso del castello di Montespertoli, con la cinta muraria, i fossati e l’abitazione del castellano e, soprattutto, nei diritti di patronato su una dozzina di chiese della zona, fra cui la pieve di san Piero in Mercato e la prioria di sant’Andrea a Montespertoli. I patroni avevano il dovere di mantenere in buono stato le chiese e di dotarle di beni sufficienti al sostentamento del rettore; in compenso era loro prerogativa scegliere quest’ultimo e in genere, per far rimanere le rendite in famiglia, lo si sceglieva fra i parenti che fosse entrato nello status ecclesiastico. Non meraviglia pertanto trovare costantemente come rettori delle chiese del territorio membri della famiglia Machiavelli, il cui stemma: “d’argento alla croce d’azzurro angolata di quattro chiodi” rimane sulla porta della pieve, nel campanile, nella canonica, nel pozzo, oltre che su un elegantissimo rituale membranaceo del XV secolo, recentemente acquisito dal locale museo d’arte sacra. Fra gli ecclesiastici della famiglia si segnalano Baldassarre di Piero, rettore della pieve di san Piero in Mercato almeno dal 1504 al 1528, che promosse importanti restauri all’edificio, donò alla pieve oggetti ed opere d’arte e si fece raffigurare da Raffaello del Tedesco, nell’opera “Madonna col bambino e i santi Pietro e Paolo”, anch’essa nel museo. Anche Niccolò di Boninsegna, nonno del grande Niccolò, fu pievano di san Piero in Mercato fino alla sua morte, avvenuta nel luglio 1430. Il figlio Bernardo gli era nato illegittimo da una donna di nome Costanza e non fu mai riconosciuto. Le circostanze della nascita di Bernardo Machiavelli, recentemente chiarite da uno studio di Luca Boschetto, hanno posto fine alla ridda di ipotesi sui motivi che avevano tenuto lui e poi suo figlio Niccolò fuoridalla cerchia di coloro che godevano incarichi di governo nella Firenze del tempo”.
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