Il volo del ciuco: parlano i documenti. Storia e leggenda – Parte prima

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immagine volo del ciuco Per secoli a Empoli il volo del ciuco fu uno spettacolo popolare molto seguito, strutturalmente collegato, insieme alla processione e ad altre manifestazioni di contorno, alla festa del Corpus Domini. La festa nell’età preindustriale era un evento molto importante e carico di significati per gli abitanti di una comunità: offriva occasione di svago, ma anche l’opportunità di rinsaldare il senso civico e la consapevolezza di appartenere ad una comunità. La festa soddisfaceva il bisogno di evasione da una condizione umana precaria, dalla lotta per la sopravvivenza; era l’intervallo dalla quotidiana fatica del vivere, con atteggiamento ludico ma anche meditativo. A parte alcune espressioni totalmente laiche e di lontana origine pagana, come il Carnevale, la forma prevalente della festa cittadina era legata ad una ricorrenza religiosa, cui tutti partecipavano, sia ricchi che poveri, compresi i vertici del governo locale e le autorità civili e religiose. In genere si trattava di un rituale molto semplice, ma in cui il significato simbolico di rottura con la quotidianità era perfettamente rispettato: luminarie, prodotte con fiaccole e candele, in contrasto con il buio della notte medievale, il banchetto, che per una volta consentiva di mettere da parte l’abitudine alla frugalità, il suono delle campane, che scandiva il tempo del lavoro e quello del riposo, l’accalcarsi sulla piazza e nelle strade, in cui le sensazioni individuali si esaltavano a contatto con quelle dei vicini, in contrasto con l’isolamento quotidiano del lavoro in campagna o nella bottega. In genere le feste venivano organizzate dalle compagnie religiose che erano molto numerose, soprattutto nei centri urbani.

 

La storia

A Empoli le feste più solenni erano scandite da un preciso rituale: la festa del patrono, sant’Andrea, che si celebrava allora come oggi il 30 novembre e quella del Corpus Domini, di data mobile, che variava in relazione a quella della Pasqua, ma che cadeva sempre nel mese di maggio o di giugno. La festa del Corpus Domini fu istituita da papa Urbano IV nel 1264, ma si impose definitivamente nel calendario liturgico soltanto dopo il concilio di Vienne del 1311, quando si diffuse anche l’usanza di portare in processione l’ostia consacrata, per favorire la comprensione da parte dei fedeli del dogma della Transustanziazione.

A Empoli fu celebrata con particolare solennità dal 1340, anno in cui fu fondata la compagnia di sant’Andrea, la più antica delle numerose associazioni di laici, che si riunivano per scopi liturgici ed assistenziali e che caratterizzarono fortemente la religiosità popolare nel Medioevo e nella prima età moderna. Le compagnie religiose offrivano ai propri aderenti una formazione religiosa supplementare, rispetto a quella della parrocchia: servivano a promuovere modi di vita più consoni alla religione e fornivano assistenza materiale e spirituale ai confratelli. Oltre a queste caratteristiche comuni a tutte le confraternite, la compagnia di sant’Andrea di Empoli aveva anche scopi penitenziali, in quanto, come recita l’atto fondativo, i suoi aderenti “vanno scalzi in processione, disciplinandosi [cioè frustandosi], vestiti di canovaccio bianco con la corda e con la faccia coperta”.

Poiché questa confraternita nacque nel 1340 il giorno del Corpus Domini, i suoi fondatori pensarono di festeggiare tale ricorrenza offrendo ogni anno alla popolazione un insieme di manifestazioni che, oltre alla funzione religiosa ed alla processione, prevedevano un banchetto e spettacoli popolari, come il volo del ciuco. Con il tempo si aggiunsero i fuochi d’artificio ed una corsa di cavalli, che ne aumentarono le attrattive ed il concorso popolare, anche perché gli aspetti più propriamente liturgici della festa (messa e processione) passarono dalla compagnia di sant’Andrea alla nuova confraternita religiosa del Santissimo Sacramento, sorta nel corso del Cinquecento.

Nel 1784 un provvedimento granducale soppresse quasi tutte le compagnie religiose laicali esistenti in Toscana e da allora i festeggiamenti del Corpus Domini divennero prerogativa dell’opera di sant’Andrea, che ereditò anche i beni dell’omonima compagnia.

A cura di Vanna Arrighi

A breve la seconda parte dell’articolo.

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