Chi conosce la targa posta sopra l’ingresso dell’Hotel Tazza d’Oro? Chi si è mai soffermato per un attimo a leggerla? Purtroppo poche persone, anche fra i cittadini empolesi che più frequentano il “giro”. Il fatto che non sia conosciuta dai più dipende dalla sua posizione: incassata tra uno dei balconi dell’edificio e l’insegna dell’albergo, la targa non è ben visibile né ben illuminata, soprattutto nelle ore serali. Tuttavia ci offre una eccezionale testimonianza di un evento importante della storia di Empoli: la sosta in città del poeta e rivoluzionario polacco Adam Mickiewicz. Vi si ricorda infatti come il poeta abbia soggiornato presso l’albergo (all’epoca chiamato Albergo del Sole) nel 1848. Nato nel 1798 a Zaosie, città compresa all’epoca all’interno del granducato di Lituania, Mickiewicz è stato uno scrittore prolifico ed è oggi uno dei poeti più importanti della letteratura polacca. È autore di numerose e importanti opere di stampo romantico, come la raccolta poetica “Ballate e romanze” del 1822 e il poemetto “Grazyna” del 1823. Il suo capolavoro tuttavia è il poema “Pan Tadeusz” (Signor Taddeo): scritta tra il 1832 e il 1834, l’opera è un affresco della nobiltà lituana alla vigilia della spedizione napoleonica in Russia del 1812, momento in cui la Polonia sognava il ritorno all’indipendenza dallo zar.
Nel 1848 Mickiewicz aveva tuttavia abbandonato da tempo la poesia per dedicarsi all’attività politica rivoluzionaria. Patriota polacco, era fermamente convinto del suo dovere di combattere a fianco dei popoli oppressi contro le grandi potenze europee, tra le quali si trovava anche l’Austria, ostacolo comune alle aspirazioni di indipendenza italiane e polacche. Nel corso del Settecento, infatti, la Polonia era scomparsa dalle carte geografiche perché progressivamente spartita tra le tre più importanti potenze dell’area: in primis la Russia, poi l’Austria e la Prussia. Mickiewicz aveva speso grandi energie nella costituzione di una “legione”: un corpo militare di volontari polacchi che combattesse a fianco dei popoli considerati oppressi, facendo con essi corpo comune contro le potenze europee che soffocavano i moti indipendentisti nazionali. Un’occasione per provare sul campo la sua formazione militare venne offerta di lì a poco dallo scoppio della guerra austro-piemontese (in Italia conosciuta come prima guerra di indipendenza): nell’aprile del 1848 Mickiewicz e suoi legionari lasciarono Roma, dove erano arrivati da poco, nel tentativo di raggiungere Milano, l’epicentro del conflitto. Qui la legione polacca sarebbe stata incorporata nell’esercito lombardo; i risultati più eclatanti, tuttavia, furono raggiunti da Mickiewicz e dalla legione durante le tappe di avvicinamento alla città lombarda, durante le quali il drappello di volontari fu accolto dalla curiosità, dall’interesse e dalla estrema benevolenza delle popolazioni locali, che non mancarono di preparare festeggiamenti per l’arrivo della legione. Il fenomeno inoltre suscitò un grande interesse nella stampa italiana, che riservò articoli e veri e propri reportage riguardanti il viaggio del corpo polacco lungo l’Italia.
Tutto questo accadde anche durante la sosta di Mickiewicz a Empoli. Il 14 aprile 1848 il drappello di volontari polacchi, dopo essere sbarcato nel porto di Livorno, percorse in ferrovia il tratto Livorno – Empoli, fermandosi nella nostra città per passare la notte in vista della marcia del giorno successivo. Visto che ancora mancava l’ultimo tratto di strada ferrata, i legionari avrebbero infatti dovuto compiere il tragitto Empoli – Firenze a piedi. Quella sera stessa si riunì davanti alla collegiata di Sant’Andrea una vasta folla che si diresse verso l’albergo del Sole. Alla sua testa si trovavano numerosi bambini provvisti di torce e bandiere toscane e italiane, seguiti dalla banda municipale, dalla folla munita di ceri accesi e dalla guardia civica in armi. Il corteo, raggiunto l’albergo, al grido di “Viva la Polonia” richiamò l’attenzione dei legionari: Mickiewicz non solo si affacciò al balcone, pronunciando un breve discorso patriottico sulle comuni sorti del popolo polacco e italiano ma, dopo ciò, il poeta e i volontari scesero in strada, prendendo parte alla processione che si snodò tra le vie cittadine illuminate dalle numerose luci, accese a ogni finestra.
Quanto accaduto potrebbe apparire a prima vista come un fatto marginale nella storia di Empoli, anche considerando l’eccezionalità e la brevità dell’accaduto. Credo, invece, che al contrario sia una testimonianza molto importante, perché ci offre numerosi spunti di riflessione sulla Empoli di metà Ottocento. In primo piano dovremmo sottolineare l’importanza che la cittadina continuava a godere nell’ambito dei trasporti e delle vie di comunicazione. Accanto all’Arno, che sotto i Medici era diventato l’asse principale di comunicazione e commercio della Toscana, ora era presente anche la ferrovia, che sanciva ancora una volta la centralità di Empoli tra Livorno e il mare da una parte e Firenze e l’entroterra dall’altra. Quasi negli stessi anni, d’altronde, anche Emanuele Repetti, nel suo “Dizionario geografico”, sosteneva come Empoli si trovasse al centro di così tante vie di comunicazione, terrestri come fluviali e di commerci da essere quasi (citando direttamente l’autore) un “piccolo Livorno mediterraneo”. Che la stazione ferroviaria di Empoli fosse strategica lo poteva constatare a metà Ottocento anche Collodi nella sua opera “Un romanzo a vapore”; centralità che, a livello ferroviario e non solo, persiste ancora oggi.
Un altro dato su cui riflettere è l’interesse suscitato da Mickiewicz e dai suoi legionari nella popolazione empolese. Si tratta di un dato niente affatto scontato: è vero che a Empoli esisteva sicuramente un ceto politico di rilievo (basti pensare a Salvagnoli) ma questo non implicava per forza anche la presenza, all’interno della popolazione locale, di un certo interesse o almeno curiosità per le vicende politiche risorgimentali. La curiosità e l’interesse suscitati dalla legione polacca nella popolazione di Empoli, testimoniate da numerose fonti, sono la spia di una mentalità aperta, di stampo ormai quasi cittadino e non più solamente di quella di una realtà paesana. Mickiewicz e i legionari polacchi poterono godere infatti, a Empoli, delle stesse scene di entusiasmo viste a Livorno e che avrebbero conosciuto di lì a poco in realtà urbane certamente più importanti come Firenze, Bologna, Modena e Milano, le uniche soste, Empoli a parte, del viaggio verso i campi di battaglia lombardi.
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